terça-feira, dezembro 12, 2006
“La tesi di laurea di Lina fu scandalosa per l’epoca (era il 1939), dato che era una Maternità per madri nubili – racconta la sorella Graziella Bo -. E, per di più, fu discussa davanti a due esponenti dell’architettura di regime come Giovannoni e Piacentini. Lina dovette anche farsi prestare il vestito da Giovane fascista, dato che non l’aveva ma era obbligatorio”.
Prodotti industriali locali, materiali grezzi e rudimentali, piastrelle di ceramica fatte a mano, sono gli elementi che Lina Bo scelse per contrapporre un’architettura imperfetta a quella asettica da Primo mondo. Adottò il linguaggio del riciclo tipico delle favelas e delle case popolari dell’entroterra brasiliano. A questo proposito vale la pena ricordare gli studi sull’artigianato, le esposizioni e la creazione del Museo di Arte Popolare di Bahia, e più tardi della Casa del Benin sempre a Bahia.Un manifesto ideale della “poetica della povertà” si oppone agli spazi creati dalle accademie ipermoderne, spazi concepiti da una cultura fredda, responsabile della divisione del genere umano tra superstiti di un mondo da cancellare, condannati alla distruzione ecologica, da un lato e dall’altro ricchi promotori di un progresso cieco in nome di una democrazia finta, violenta. Lina lavorò anche nei campi del design, della scenografia, della museografia, del cinema, dell’editoria e della didattica. Si definiva comunista. Ai suoi collaboratori citava spesso Gramsci e la critica della cultura industriale. Nella sua nuova idea di cultura, espressione di un impegno morale che integrasse l’efficienza tecnologica alle radici dell’esperienza popolare, il “popolare” non è inteso come folclore ma come portatore di un nuovo senso dell’umanesimo. Quel nuovo Umanesimo che dal Terzo Mondo giunge oggi, attraverso i new-global, a sventolare le sue bandiere multicolori sotto le grigie, fredde stanze del potere del Primo mondo.
Prodotti industriali locali, materiali grezzi e rudimentali, piastrelle di ceramica fatte a mano, sono gli elementi che Lina Bo scelse per contrapporre un’architettura imperfetta a quella asettica da Primo mondo. Adottò il linguaggio del riciclo tipico delle favelas e delle case popolari dell’entroterra brasiliano. A questo proposito vale la pena ricordare gli studi sull’artigianato, le esposizioni e la creazione del Museo di Arte Popolare di Bahia, e più tardi della Casa del Benin sempre a Bahia.Un manifesto ideale della “poetica della povertà” si oppone agli spazi creati dalle accademie ipermoderne, spazi concepiti da una cultura fredda, responsabile della divisione del genere umano tra superstiti di un mondo da cancellare, condannati alla distruzione ecologica, da un lato e dall’altro ricchi promotori di un progresso cieco in nome di una democrazia finta, violenta. Lina lavorò anche nei campi del design, della scenografia, della museografia, del cinema, dell’editoria e della didattica. Si definiva comunista. Ai suoi collaboratori citava spesso Gramsci e la critica della cultura industriale. Nella sua nuova idea di cultura, espressione di un impegno morale che integrasse l’efficienza tecnologica alle radici dell’esperienza popolare, il “popolare” non è inteso come folclore ma come portatore di un nuovo senso dell’umanesimo. Quel nuovo Umanesimo che dal Terzo Mondo giunge oggi, attraverso i new-global, a sventolare le sue bandiere multicolori sotto le grigie, fredde stanze del potere del Primo mondo.
domingo, novembro 26, 2006
sexta-feira, novembro 24, 2006
balcanic music
l'impressione quando attraversi le stazioni del nostro sud
e qualcosa ti attraversa
una musica non tua non nostra ma amante e allegra
ti accorgi del cambiamento che sta avvenedo
dell'intreccio di culture
storie guerre e amori differenti
il cuore mi si scalda e mi sento piena
felice
inizio a salterellare a ritmo della melodia
sorrido ai musicisti
sperando che mi seguano con la loro musica
per ogni dove
e che al prossimo angolo
si ripeta l'emozione.
quinta-feira, novembro 23, 2006
Siloportem
finalmente...
Se si potesse vivere così nella metropoli, senza ripudiarla. Potersi così stendersi in mezzo ad una strada su delle cabine telefoniche prendersi un thecaldo
una pausa, una bolla d'acqua nell'aria frenetica dell'affascinante città da cui trarre come nell'utero ogni vitalità ma esserne in qualche modo estranei solo per qualche secondo.
A piedi nudi preferibilmente edi capelli al vento.
segunda-feira, novembro 20, 2006
Forse comprendere se stessi è la cosa più difficoltosa e ostacolata.
Ancor di più creare e costituire la propria personalità il proprio modo di essere, di parlare, di amare, sorridere scrivere.
ognuno è il frutto di una contaminazione continua volontaria o involontaria.
Frutto dell'invidia, dell'emulazione della creatività.
Forse non essermi ancora trovata è la cosa che più mi fa sorridere.
Sapere di non essere finita.
Star lì aguardare attenta
a non farmi scappar nulla di prezioso.
domingo, novembro 19, 2006
Ecco.
Scarpe rosse. Ombrello rosso che gira.
un lampione a cui appoggiarsi aspettando l'uomo che si ama.
aspettando che ricominci a piovere, e nel frattempo godere dell'odore del terreno bagnato e dell'aria umida.
Allegria. Felicità. Sospensione verso il futuro, ma vivendo pienamente il presente.
Amare gioire aspettare guardare godere annusare soffrire ridere. Battere le scarpette per l'attesa.
Quelle bellissime scarpe appena comprate di cui andare orgogliose.
Aspettare un bacio un sorriso uno sguardo, appoggiate ad un lampione con un ombrello in mano.
sexta-feira, novembro 17, 2006
Si dimentica, come tutto ma niente può impedirle di riaffiorare all'improvviso.
modella e influenza la tua vita, ma non la cambia. ognuno continua il suo percorso timoroso e con rimorso, ma anche questo si dimentica prima o poi.
Certo però non se ne può fare ameno. Un legame o forse di più, sensazioni emozioni ricordi sciolti indissolubilmente nel sangue.
l'amicizia è ciò che rende umano l'uomo.
VISTA CON GRANELLO DI SABBIA
LO CHIAMIAMO GRANELLO DI SABBIA.MA
LUI NON CHIAMA SE STESSO NÉ GRANELLO, NÉ SABBIA.FA A MENO DI NOMEGENERALE,
INDIVIDUALE,INSTABILE, STABILE,SCORRETTO O CORRETTO.NON GLI IMPORTA DEL
NOSTRO
SGUARDO, DEL TOCCONON SI SENTE GUARDATO E TOCCATO.E CHE SIA CADUTO
SUL
DAVANZALEÈ SOLO UN'AVVENTURA NOSTRA, NON SUA.PER LUI È COME CADERE SU
UNA COSA
QUALUNQUE,SENZA LA CERTEZZA DI ESSERE GIÀ CADUTOO DI CADERE
ANCORA.DALLA
FINESTRA C'È UNA BELLA VISTA SUL LAGO,MA QUELLA VISTA, LEI, NON
SI VEDE.SENZA
COLORE E SENZA FORMA,SENZA VOCE, SENZA ODORE E DOLOREÈ IL SUO
STARE IN QUESTO
MONDO.SENZA FONDO LO STARE DEL FONDO DEL LAGOE SENZA SPONDE
QUELLO DELLE
SPONDE.NÉ BAGNATO NÉ ASCIUTTO QUELLO DELLA SUA ACQUA.NÉ AL
SINGOLARE NÉ AL
PLURALE QUELLO DELLE ONDE,CHE MORMORANO SORDE AL PROPRIO
MORMORIOINTORNO A
PIETRE NON PICCOLE, NON GRANDI.E IL TUTTO SOTTO UN CIELO
PER NATURA SENZA
CIELO,DOVE IL SOLE TRAMONTA NON TRAMONTANDO AFFATTOE SI
NASCONDE NON
NASCONDENDOSI
DIETRO UNA NUVOLA IGNARA.IL VENTO LA
SCOMPIGLIA SENZA ALTRI
MOTIVISE NON QUELLO DI SOFFIARE.PASSA UN SECONDO.UN
ALTRO SECONDO.UN TERZO
SECONDO.MA SONO SOLO TRE SECONDI NOSTRI.IL TEMPO
PASSÒ COME UN MESSO CON UNA
NOTIZIA URGENTE.MA È SOLO UN PARAGONE
NOSTRO.INVENTATO IL PERSONAGGIO, INSINUATA
LA FRETTA,E LA NOTIZIA
INUMANA.Szymborska, gente sul ponte 1986
Ancora
Sto dicendo certe cose ne sto imparando certe altre sono verità sono domande amicizie avventure chi raggiunge abita lontano dal mutamento dal suo nome allegria vana tristezza
fantasia incertezza...
Sono verità Sono ricerche Amicizie
Avventure chi avanza mantiene l'amore
mantiene la speranza senza favore
Ancora Ancora
segunda-feira, novembro 13, 2006
sexta-feira, junho 09, 2006
nuova vita
e tutto cominciò attraverso lui, il mare e le acque
mi accompagnarono durante il percorso
nell'attesa di lasciarmi andare.
Vento voci e luci da madrine
la piaggia e le onde da amantiMi insegnarono a camminarea soffriree quindi ad amare.loro coì perfetticosì esattimi hanno fatta così imperfettascivolosadistantesola.Ma ora le cose son cambiatedi rado li sento ancoraaccompagnarmie bussare alla mia portain quein momenti di malinconiadi mancanza le loro carezze leggeresulla tuapellesulle tue membrae tornare come un ricordo freddo.Nè per cattiveriaNè per noiache i figli si abbandonanosi lasciano andaresi allontanano con gli occhi chiusisenza guardareper lasciarli tra nuove bracciapiù caldepiù umane...un altro lui più umano con cui assaporare il divino.